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San Nicolao

 

Cenni storici

Secondo gli storici di S. Francesco, il santo, e gli undici frati che lo accompagnavano, di ritorno da Roma dove erano stati a chiedere ad Innocenzio III l’approvazione della Regola, si sarebbero fermati presso la chiesa di S. Nicolao dove dimorarono per quindici giorni. 

Subito dopo il ritorno di S. Francesco alla porziuncola, nella chiesa sarebbe stata istituita una comunità francescana che ben presto avrebbe abbandonato il luogo per trasferirsi nella chiesa di S. Lorenzo secondo il Camilli e nella contrada Caselli secondo quanto riporta il Gioacchini. Il primo documento in cui si fa menzione dell’edificio religioso è una bolla di papa Gregorio XI, datata 29 gennaio 1232, riportata dal Leoncini, con la quale vengono concessi ai frati eremiti di San Nicolao de Scopulo, la chiesa ed i beni, posti in contrada Caselli, donati da alcuni cittadini ortani (Carbone, Teobaldo, Albino e Acto). La bolla documenterebbe come, partiti i francescani, la chiesa fosse stata affidata ad alcuni eremiti. All’incirca intorno al 1300, S. Nicolao sarebbe stata annessa alla Mensa Vescovile, dal vescovo Lorenzo, francescano.  Nella seconda metà del XV secolo, dopo un periodo di abbandono si insediarono nella chiesa alcuni Fraticelli damnatae opinionis. Nel 1457 papa Callisto III la concesse su richiesta di fra’ Angelo da Bolsena, ad alcuni frati Minori di Roma. Nel 1600, sebbene ancora in possesso dei Minori, era abitata dagli eremiti.

 

Localizzazione, testimonianze materiali, viabilità di accesso

 

Il percorso per raggiungere San Nicolao parte dalla Località Baucche Alte. Da qui si sale per una strada asfaltata. Ad un certo punto si incontra sulla sinistra un’area di sosta dove è possibile parcheggiare comodamente l’auto per poi proseguire a piedi. Da qui il percorso diventa sterrato: inizialmente si scende fino a superare un piccolo torrente, oltre il quale, risalendo, ci si ritrova in una radura. In prossimità di questa è localizzata l’indicazione per Ia Chiesa di San Nicolao, i cui ruderi, immersi nel bosco, sono visibili a breve distanza.

Dalla radura sopra menzionata, seguendo vari sentieri che ricadono in parte all’interno di proprietà aperte ma private, possiamo raggiungere sia Orte sia la località Bagnolo. Costeggiando un'azienda agricola troviamo un traliccio della linea elettrica e iniziamo la discesa fino ad arrivare sulla strada che abbiamo fatto all’andata. Nel tornare indietro, si deve fare attenzione al tratto in discesa che in caso di pioggia potrebbe risultare scivoloso.

L’accessibilità del percorso è garantita dall’opera di alcuni volontari che periodicamente provvedono a ripulire il sentiero.

 

29 agosto 1943

 

Se non fosse stato per i problemi causati dalla guerra e la preoccupazione per un futuro quanto mai incerto, il 29 agosto 1943 sembrava un giorno perfetto: il sole era alto nel cielo, si sentiva il vociare dei bimbi, le donne si affrettano verso la Chiesa per la messa domenicale mentre alcuni si trovavano in piazza per scambiare come al solito due chiacchiere.

 

Qualche centinaio di metri più in là, qualche giovane stava facendo  il bagno al Tevere, come allora si usava, ed insieme ai ragazzi del luogo c'erano anche i soldati tedeschi che si godevano qualche ora di libertà. Uno di loro sentì un rombo prima sommesso e poi sempre più forte e saltò fuori dall'acqua gridando "Flugzeuge! Flugzeuge!", cioè aeroplani.

 

Erano esattamente le 10:28. La quiete che avvolgeva Orte Scalo fu squarciata da sei lancinanti urla di sirena. Non era la prima volta che degli aerei (ancora formalmente nemici ma di lì a qualche giorno 'alleati') sorvolavano il centro abitato. Del resto il nodo ferroviario di Orte era troppo importante per non essere considerato un obiettivo militare. 

 

La paura indusse molti ad un drammatico errore: via di corsa, più lontano possibile dalla stazione, chi verso il fiume e chi verso San Nicolao, proprio dove sette secoli prima era giunto San Francesco.

 

Quaranta bombardieri americani Boeing B-17 Flying Fortress, più noti come "Fortezze Volanti", decollati da Oudna, in Algeria, giunsero su Orte Scalo sganciando un numero imprecisato di bombe da mille libbre (450 chilogrammi!) che solo in parte centrarono l'obiettivo. 

 

La maggior parte cadde drammaticamente proprio dove le persone avevano cercato un improvvisato rifugio. Il tutto durò, sembra, circa venti minuti, che furono resi ancora più atroci dal buio totale causato dalla polvere e dalla terra sollevatasi per via delle esplosioni. Chi raccontò quegli attimi non ha potuto dimenticare la terribile sensazione di soffocamento e non sentire le proprie grida e quelle del proprio vicino, scomparso per sempre in un attimo. Scene proprie di ogni bombardamento ma per chi le visse, certamente lancinanti. Ad Orte paese, dagli osservatori improvvisati, si vide soltanto un'enorme nuvola nera rasoterra, a nascondere la vista.

 

La pioggia di detriti e la polvere furono la triste e drammatica cornice di quegli interminabili minuti. Quando ricomparve la luce, lo scenario era apocalittico. Se l'obiettivo era quello di mettere fuori uso la stazione ferroviaria, esso era stato sostanzialmente fallito: i binari quasi intatti, il fabbricato della stazione solo danneggiato a differenza del centro abitato che aveva subito danni considerevoli. Ma la vera Apocalisse era lì, tra il fiume e San Nicolao dove le bombe avevano seminato morte a piene mani.

Il bilancio delle vittime fu pesante ed i soccorsi furono difficoltosi malgrado i tentativi dei volenterosi. Il conto totale parla di 128 vittime, 23 delle quali morte entro i primi due giorni all'Ospedale di Orte, e 97 feriti più o meno gravi. Dal punto di vista dei soccorsi, una parte del personale e dei medici del vicino Ospedale di Amelia venne a dar mano forte ai loro colleghi di Orte, dove il dott. Giuseppe Checchia, va detto, assieme alle suore allora impiegate come infermiere (un nome su tutte, suor Eutichia Pigliafreddo) scrissero autentiche pagine di eroismo ed abnegazione. 

 

I cittadini di Orte periti nel bombardamento furono 106. Le salme, allineate in file contrapposte, vennero composte presso la Chiesa di Sant'Antonio. Ottantasette furono allora le famiglie sfollate, in parte ospitate in edifici pubblici e altri ospitati presso parenti o semplici conoscenti. 

 

A rendere quasi paradossale l'atmosfera che si respirava in quei giorni fu la relativa calma che seguì questo tragico bombardamento. Ma le lacrime, il sangue da versare, i lutti, le distruzioni, sia morali che materiali, erano lungi dall'essere finite.

 

Se esiste però un'immagine iconica di quel giorno non può che essere quella di padre Geremia Subiaco che aveva visto crescere Orte Scalo ed ora ne recitava il de profundis, benedicendo la lunga fila di bare allineate nella 'sua' Chiesa.

 

Bibliografia

S. Del Lungo, Il territorio dell’antica Diocesi di Orte nella toponomastica archeologica (Quaderni dell’Accademia dei Signori Disuniti della Città di Orte, 8), 1998, pp. 99-100.

Don D. Gioacchini, Orte, le contrade e i borghi attraverso la “Fabrica Ortana”, Orte 2001, pp. 97-98.

 

 

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Pannello informativo presente a San Nicolao

 

 


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